lunedì 14 novembre 2011

C'é di che gioire?

Alla fine Berlusconi si è dimesso. Dopo aver governato l’Italia negli ultimi vent’anni con il suo codazzo di avvocati, inquisiti, igieniste dentali, baby prostitute, veline e ministri rancorosi è caduto, mentre chi lo ha sostenuto in questi anni (compresa gran parte della confindustria e i sindacati gialli CISL e UIL) si affretta ad abbandonare la nave e a riciclarsi per saltare sul carro dei successori.
Ma cosa cambierà per i lavoratori?
Il capitalismo ha fatto crack ma a pagare le sue crisi strutturali saranno ancora una volta lavoratori, disoccupati, precari, pensionati mentre continueranno a farla franca i grandi industriali, i banchieri, gli speculatori, gli evasori fiscali…
Non sarà certo il governo di Mario Monti a mettere in discussione le ricette del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Europea anche se sono state proprio quelle ricette ad aggravare la crisi della Grecia e tutti in fondo sanno che tagliare ulteriormente stato sociale, pensioni e salari o togliere le ultime tutele ai lavoratori non eviterà la catastrofe.
Certo si cercherà di far sembrare un po’ più equa la manovra togliendo qualche privilegio ai parlamentare e -se le forze parlamentari che sostengono il governo lo consentiranno (cosa non tanto probabile)- forse verrà introdotta una timida patrimoniale, ma l’impianto della manovra resterà quello imposto dalla lettera della BCE: ulteriore allungamento dell’età pensionabile, tagli allo stato sociale, privatizzazioni e liberalizzazione selvaggia del mercato del lavoro.
Ma se non ci saranno più protezioni sociali per i poveri, se i salari e le pensioni verranno compressi ancora di più verso il basso, è evidente che non ci potrà essere nessuna crescita. E allora che senso ha spingere intere massa verso la povertà, se non quello di continuare a garantire a pochi la ricchezza che spetterebbe a molti? Di approfittare della crisi per annientare i diritti conquistati con anni di lotte?
Uscire dalla crisi senza mettere in discussione questo sistema economico non è possibile.
Quale modello di sviluppo può proporre chi regge il proprio benessere economico sullo sfruttamento di interi popoli e di intere masse di lavoratori, chi devasta l’ambiente in nome del profitto fregandosene delle generazioni future?
Non ci rendiamo conto che questo sistema è ormai giunto al capolinea ed è ora di voltare pagina?
E poi quali sono queste grandi riforme che ci impone l’Europa e che dovrebbero salvare l’Italia?
Forse ridurre le spese militari che assorbono una quota rilevante del nostro bilancio dello stato?
Tagliare i privilegi di politici e super ricchi?
Obbligare le imprese e i costruttori a rispettare l’ambiente e la salute e la sicurezza di lavoratori e cittadini evitando tragedie come quelle a cui stiamo assistendo in questi giorni che tante vite umane e denaro costano alla collettività?
Impedire che banche e speculatori finanziari giochino con le nostre vite mettendo in ginocchio il bilancio di interi stati?
Perseguire gli evasori fiscali che sottraggono una parte consistente di entrate allo stato?
No, le ricette sono sempre le stesse:
- allungare ulteriormente l’età pensionabile ritardando l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani;
- tagliare la spesa sociale: ricerca, scuola, servizi, ospedali, con la conseguenza di non dare alcuna
- protezione ai più deboli e di togliere il futuro ai nostri figli;
- eliminare le residue tutele nel mondo del lavoro per rendere tutti precari e più ricattabili.

Si dice che questo viene fatto per garantire le future generazioni ma è una mistificazione: lo scopo è sempre quello di non far pagare chi si è arricchito in questi anni sulla pelle di tutti noi.
Sta a noi lavoratori ora riprendere la mobilitazione per impedire che, ancora una volta, la crisi venga scaricata sulle nostre spalle.

Pensiero d'autore

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